Parlare e comprendersi diventa una sfida in alcune situazioni. La comunicazione per le persone con sindrome di Asperger può risultare complessa poiché vivono una serie di difficoltà nella relazione con gli altri. I messaggi che passano al di là delle parole, rivelano un mondo che sembra indecifrabile per chi vive questa condizione. Negli anni 90 la sociologa australiana Judy Singer, formulò il termine neurodiversità per concettualizzare le situazioni all’interno del quadro autistico, come un modo diverso di elaborare le esperienze, modulando lo stigma di esclusione. La sindrome di Aspergher rientra tra queste articolandosi lungo un continuum di gravità. Chi vive con questa condizione può incontrare delle difficoltà nel comunicare e nel relazionarsi con gli altri. Spesso tende a ripetere certi comportamenti o gesti e ha uno stile di pensiero molto concreto, che rende complicato afferrare concetti astratti .
Spesso sfugge la comprensione di stati d’animo e pensieri altrui, soprattutto se nascono da intenzioni diverse dalle proprie. Ad esempio può essere compreso il contenuto di ciò che è stato detto, ma si fatica a cogliere le motivazioni e le richieste implicite al di là delle parole. A volte infatti gli stati d’animo emergono da uno sguardo, dal tono della voce o dalla situazione complessiva in cui avviene la comunicazione. Un bambino ad esempio che dice “guarda questo gioco” rivela l’intenzione implicita di invitare l’altro a giocare, ma questa può non essere compresa da un bambino con Asperger, che potrebbe rimanere a guardare quel gioco cogliendo solo la concretezza del messaggio. Spesso è presente anche una criticità nel cogliere il significato metaforico delle comunicazioni. La metafora richiede infatti un’operazione di astrazione, di generalizzazione e decentramento che può essere complessa per chi elabora le informazioni attraverso un pensiero concreto. Ad esempio l’espressione ‘”battere il ferro finché è caldo’” fa riferimento a situazioni in cui è necessario insistere in una situazione e approfittarne ma la persona con sindrome di Asperger potrebbe prendere questa comunicazione alla lettera, pensando che per battere il ferro deve essere caldo.
Questo modo di comunicare comporta spesso che l’individuo con Asperger appaia autoreferenziale e disinteressato. In realtà anche queste persone nutrono l’intimo desiderio di connettersi agli altri, con conseguente sofferenza nel sentirsi escluse ed isolate rispetto al proprio contesto, non riuscendo bene a capirne il motivo. Spesso si crea una sorta di cortocircuito comunicativo per cui anche chi interagisce con individui con Asperger fa fatica a comprenderne il pensiero e a sua volta a farsi capire, finendo magari col mettere una distanza nel rapporto. Ma allo stesso tempo anche la persona con sindrome di Asperger si trova a dover fare uno sforzo, per avvicinarsi ad un’esperienza che appare lontano da sé. La comunicazione infatti è un processo mutuo ed interattivo in cui ci si influenza reciprocamente. A volte è proprio la sensazione di questa mancanza di risonanza con l’altro a far muovere nella mente delle leve e delle capacità diverse, per costruire un canale di comunicazione e scambio.
Come descrive nel suo bellissimo libro autobiografico “Guardami negli occhi” JE Robinson, il protagonista con sindrome di Asperger riesce a valicare queste difficoltà, utilizzando i suoi talenti per costruire oggetti originali e avere delle relazioni di scambio finendo per adattarsi in modo creativo al suo contesto. Queste persone infatti hanno uno sguardo singolare ed inusuale su molte questioni, una capacità esclusiva di dedicarsi ad un argomento o ad un interesse, una memoria eccellente, un profondo senso di lealtà e fedeltà alle persone conosciute di cui si fidano. Inoltre amano condividere le proprie passioni e sono molto contenti quando possono avere qualcuno con cui risuonare all’unisono su argomenti di comune interesse.
Riflettendo su questa difficoltà di reciprocità, viene da interrogarsi su quanto anche tra persone “neurotipiche” il parlare può risultare autoreferenziale e l’ascolto puramente formale. Quanto a volte è difficile una comunicazione in cui ci si comprende veramente cogliendo le rispettive intenzioni per leggere la realtà anche con occhi altrui. In fondo è proprio questo tensione reciproca che permette di capirsi e che può rendere la comunicazione intersoggettiva un’esperienza autentica di crescita e cambiamento.
Dott.ssa Anna Consuelo Cerichelli
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