Quando le emozioni non hanno nome

Sin da quando nasciamo l’esperienza che facciamo del mondo e degli altri è accompagnata da un vissuto emotivo. Possiamo considerare l’emozione come un processo che conferisce tonalità, colorazione e significato all’esperienza. Le emozioni sono molteplici nelle loro connotazioni tematiche, ma l’elemento comune a ciascuna di esse è che ci consentono di entrare in contatto e in risonanza con gli altri. L’esperienza emotiva passa attraverso il riconoscimento dell’emozione, che coinvolge la corporeità e la vita mentale, in modo specifico per ciascuno di noi. Il linguaggio emotivo ha un valore conoscitivo poiché può comunicarci, attraverso il fluire delle esperienze sensoriali, il nostro modo di essere in relazione e di apprendere dalla realtà. Ogni persona ha specifiche modalità di vivere le emozioni funzionali a mantenere il proprio equilibrio interno. A volte può risultare faticoso dare voce a quello che si prova, riconoscere e comunicare le proprie emozioni, e questo può rendere difficile esprimere il proprio vissuto emotivo attraverso le parole. Stati affettivi come la vergogna, la rabbia, la tristezza, ma anche la gioia, la sorpresa, possono essere inibiti nella loro espressione, rimossi o isolati dalla coscienza, non riconosciuti o emergere in una forma confusa.

Cosa succede quando si sperimenta una difficoltà a riconoscere le proprie emozioni e a trovare le parole per comunicare agli altri i propri sentimenti? La realtà non viene investita affettivamente e il sentire non messo in parole, viene avvertito come un groviglio di sensazioni al quale non si riesce a dare un senso. La persona può sentirsi confusa rispetto a ciò che prova, non riuscendo a discriminare tra loro le diverse emozioni collegandole ad episodi specifici o a ricordi. La vita emotiva può risultare superficiale e i propri vissuti vengono descritti con un vocabolario ridotto. Il contatto e il riconoscimento delle proprie esperienze interne e dei propri stati emotivi può essere un’esperienza intollerabile e non elaborabile, che deve essere allontanata per mantenere la propria integrità. Quando la persona non riesce a prendere contatto con le proprie emozioni o ad utilizzarle nella relazione con gli altri, trova delle modalità diverse per proteggersi da ciò che sente, esprimendo spesso il proprio disagio attraverso il corpo (emicranie e cefalee, disturbi gastrointestinali, dermatiti, disfunzioni sessuali). L’emozione vissuta per via somatica non può essere elaborata soggettivamente e si può avere la sensazione di vivere la propria vita da spettatore come in una sorta di anestesia emotiva. A volte invece si può ricorrere ad esperienze che possono alterare lo stato di coscienza (alcool, droghe) o a forme di dipendenza (cibo, sesso compulsivo). Attraverso queste modalità indirette di vivere le emozioni la persona può esprimere una difficoltà più profonda nel regolare il rapporto di vicinanza e distanza affettiva dall’altro. L’individuo potrebbe vivere le relazioni in modo totalizzante e allontanarsi da ciò che sente per recuperare un suo equilibrio, riducendo la possibile intimità con l’altro.

Poter entrare in risonanza con il proprio sentire dando senso all’ esperienza, aiuta quindi la persona a costruire un vocabolario nelle relazioni, che possono essere vissute e colorarsi anche di intimità e reciprocità.

Dott.ssa Margherita Rosa

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