Quando si pensa alla dipendenza spesso vengono in mente immagini legate all’idea di fragilità e debolezza, ad indicare un aspetto poco valorizzato nella nostra cultura. Dipendere deriva dal latino
“de-pendere” che significa “essere appeso, attaccato”. In realtà la dipendenza ha anche il significato di “essere in relazione”, che rimanda all’importanza e centralità dei legami con gli altri. L’essere umano infatti è intrinsecamente relazionale fin dalla nascita e l’ essere in rapporto con un altro è una condizione naturale ed inevitabile. Attraverso la relazione la persona sviluppa la propria identità e si forma la sua idea del mondo e della realtà, con una connaturata tensione a legarsi e ad essere riconosciuti come individui attraverso l’altro. Allo stesso tempo il soggetto si evolve autonomamente come persona differenziata e con delle caratteristiche specifiche. Questo processo di sviluppo dell‘identità quindi si articola attraverso una dialettica continua tra dipendenza ed autonomia.
A volte invece il naturale bisogno di legarsi ad un altro può assumere invece le caratteristiche di una dipendenza esclusiva e vincolante che diventa l’unico modo di interagire. Il soggetto esprime una modalità relazionale in cui si appoggia spesso all’altro come unica fonte di aiuto, sentendosi inadeguato ed incapace di gestire le situazioni autonomamente e annullando la propria individualità. La persona non percepisce di avere in sé le risorse che potrebbero garantirgli un equilibrio emotivo e delega all’altro la funzione di regolare totalmente i propri stati affettivi. In questo modo si sente però in balia dell’altro, che diventa quasi una presenza magica da cui incorporare forza e consistenza e da cui trarre sostegno e sicurezza.
In questi casi spesso si nutre la paura profonda della solitudine e di essere abbandonati; essere dipendenti diventa l’unico modo per mantenere il legame e l’autostima, mentre crescere ed individuarsi significa perdere l’amore dell’altro e sentirsi inadeguati e soli. Conseguentemente, il soggetto nelle relazioni tende spesso ad evitare conflitti e a negare i propri sentimenti negativi per timore di perdere l’altro. La persona arriva inoltre ad eludere le responsabilità e delegare le proprie scelte evitando di prendere posizioni personali. Accade che per il timore di perdere l’altro diventa difficile interagire esprimendo la propria soggettività, sentendosi vuoti, privi di risorse, come se solo l’altro potesse riempire e dare forza.
La relazione in questo modo, anziché assumere la connotazione di interazione tra due individualità, che dipendono reciprocamente ma sono anche capaci di separatezza, assume le caratteristiche della subordinazione. Diverso è invece quando nelle interazioni la dipendenza e l’autonomia sono vissute come dimensioni reciproche, attraverso cui fare esperienza di rapporti basati su uno scambio e non solo su dei vincoli. Il legame può allora nutrirsi delle risorse , dei limiti, delle potenzialità di ciascuno, attraverso due soggettività distinte tra loro.
Dott.ssa Anna Consuelo Cerichelli