“Chi si ferma è perduto”, la mania come antidoto al dolore

Fare, essere dinamici e possibilmente felici. Cosi nella mania si accelera alla ricerca di euforia, tra mille idee e attivitá, rincorrendo un futuro immediato. Sembra lontano lo smarrimento, il senso della mancanza, apparenti nemici della produttività. Anche se lo stato maniacale ed ipomaniacale caratterizzano il disturbo bipolare, alcune persone vivono questa condizione in forma più lieve, come un aspetto che tratteggia la propria esperienza. In questi casi la personalità si connota per uno stato di forzato ottimismo e di aumentata energia, con la necessità di riempire la propria vita di attività e relazioni. Spesso si tende a ricercare continue novità, con l’aspettativa di superare i limiti dello spazio e del tempo attraverso l’ esuberanza. In realtà dietro l’apparente assenza di problemi si nascondono delle ombre che la persona non riesce a vedere. Ma senza ombre non si delineano i contorni delle cose, le quali perdono rilievo e significato, rendendo l’esperienza più superficiale Nella condizione maniacale cambia inoltre il senso del tempo, per cui l’istantaneità dell’ “adesso” caratterizza il contatto con il mondo. L’esperienza sembra infatti un avvicendarsi di momenti che si alternano in maniera intermittente ,scollati dal passato e dal futuro

In questi casi spesso la fretta costituisce un antidoto al rischio di fermarsi, come se rallentando ci si trovasse di fronte a qualcosa di insostenibile. La sensazione di riuscita e di potere nella mania, potrebbe nascondere in realtà un senso di impotenza e di passività. Quando si smette di negare gli aspetti problematici dell’esperienza possono riemergere allora i vissuti da cui si voleva fuggire: il dolore, il vuoto, la noia. Muoversi continuamente , essere dovunque ed in nessun luogo protegge infatti dalla paura di stare male, come se “chi si ferma è perduto” . Attraverso la fretta si cercano di evitare la tristezza e la frustrazione, con il timore che si trasformino in un blocco depressivo dove il tempo si dilata e sembra non trascorrere più. Rallentare significherebbe quindi trovarsi di fronte all’impoverimento di uno slancio vitale, sentendosi improvvisamente fallaci e inadeguati. Il vissuto melanconico spesso rappresenta la paura della perdita di qualcuno, di qualcosa, di un tempo che non c’è più. Ecco perché la leggerezza dei rapporti sembra protettiva: se non ci si lega veramente ci si può sfilare quanto prima, evitando di soffrire.

Forse nell’esperienza di queste persone proprio le separazioni sono state difficili da superare, non riuscendo a dare senso alle esperienze dolorose. Il tempo costituisce un elemento fondamentale per l’elaborazione della perdita, per una ricostruzione attiva delle esperienze affettive grazie alla memoria, che permette di attribuirvi significato. Nell’ istantaneità maniacale sembra difficile proprio fare appello ad un senso del tempo narrato, durante il quale ricollocare gli eventi nella propria vita. La continuità della propria biografia invece costituisce invece un alleato prezioso, affinché il presente possa essere collegato ad una revisione del passato e permettere una riapertura al futuro.

Dott.ssa Angela de Figueiredo

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