Lavorando con donne vittime di tratta, ascoltando le loro storie di violenza e di abuso, rimasi impressionata da come si possa sopravvivere a situazioni così estreme. Ciò che colpiva nei racconti era un distacco di fondo, come se parlassero di qualcun altro e quegli eventi non fossero realmente accaduti. Da qualche parte però se ne avvertiva l’esistenza, nel racconto spezzato o nei silenzi sospesi. C’era nello sguardo e nel modo in cui comunicavano, i segni evidenti dei traumi subiti, l’eco del terrore di eventi carichi di violenza. Perché il trauma come una tempesta improvvisa, espone ad un pericolo senza scampo. Pensiamo allo stupro, ad un terremoto, un incidente, alla guerra. Qualcosa di tragico irrompe nella continuità del quotidiano, un evento che marca un prima e un dopo senza appello. Il tempo infatti sembra congelarsi , così come quel senso di fiducia e di prevedibilità che fa sentire relativamente al sicuro. Si diventa osservatori di qualcosa di schiacciante, sentendosi inermi ed impotenti; come uno tsunami, l’onda non può che travolgerti. Poi si riaprono gli occhi e si scopre di essere sopravvissuti, ma nulla sembra più come prima e il solo ricordo dell’ evento evoca una sofferenza insormontabile.
Per rialzarsi ed andare avanti ci si distacca dall’accaduto, come se non fosse mai successo. Pensiamo ad esempio alle storie dei veterani di guerra, in cui i morti e le bombe sembrano come un eco lontano. Vengono dissociati i ricordi e si allontanano le emozioni, con il rischio di congelarsi e non sentirsi pienamente vivi. Rievocare l’evento diventa perturbante, come se non potesse entrare a far parte del racconto unitario della propria vita. In questo senso, la capacità di elaborare le esperienze e creare connessioni si indebolisce, generando sofferenza. Vari tipi di disagi possono emergere in seguito ad un trauma, fino all’insorgere di un vero e proprio Disturbo post traumatico da stress. In questa condizione, la scena traumatica esiliata ritorna all’improvviso, attraverso immagini e pensieri apparentemente scollegati . La notte si popola di incubi terribili, in cui riemerge il vissuto dissociato, ritrovandosi in balìa di sparatorie o intrappolati in palazzi che crollano. Uno stato di allerta colora le giornate, difficile prendere sonno, ancor più riuscire a concentrarsi.
Ma non tutti reagiscono allo stesso modo. Alcune persone pur avendo vissuto situazioni terribili, hanno affrontato il dolore, integrandolo in una trama esistenziale e recuperando il senso di speranza . Ma in che modo è possibile superare un trauma? Quando non si ha la forza di rialzarsi, di rimettere insieme i pezzi, è spesso il rapporto di chi è vicino a fare la differenza. Cosa succede nelle relazioni della persona dopo l’evento traumatico? Se non se ne può parlare o non si ha qualcuno con cui potersi confrontare, il racconto si può spezzare, il dolore rimanere taciuto e lievitare nell’ombra. In tal senso la psicoterapia costituisce un aiuto per avvicinare le memorie traumatiche piuttosto che evitarle, affrontando insieme in un clima di fiducia ciò che sembra intollerabile.
Nelle pieghe del racconto lentamente si ricompongono i ricordi, lasciando affiorare gli interrogativi nascosti: “Perché doveva accadere proprio a me? Perché sono sopravvissuto solo io ?Avrò fatto abbastanza o dovevo fare di più?” lasciando emergere un senso di colpa, pensieri depressivi o la vergogna per ciò che è accaduto. Si possono cosi ricucire insieme elementi sparsi e scollegati, recuperando quella possibilità di sentire che si era atrofizzata. Il dolore verso ciò che si è vissuto resta, ma può essere attraversato e trasformato in uno dei tasselli che formano il racconto della propria vita. Cosi, se nel trauma ci si è sentiti schiacciati ed impotenti, elaborandolo si può tornare a percepirsi nuovamente vivi e registi della propria vita.
Dott.ssa Anna Consuelo Cerichelli
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